I servizi PrEP potrebbero contribuire al controllo delle IST, dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità
Jason Ong durante il suo intervento a IAS 2019. Foto di Roger Pebody.
L’offerta di profilassi pre-esposizione (PrEP) dà l’opportunità di ridurre l’incidenza delle infezioni sessualmente trasmesse (IST), a patto che si lavori di più sulla coordinazione e l’integrazione dei programmi PrEP e IST: è quanto affermato da rappresentanti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità alla 10° Conferenza sull’HIV dell’International AIDS Society (IAS 2019) in corso a Città del Messico.
Gran parte dei dibattiti e delle ricerche sul rapporto tra PrEP e IST si sono finora concentrati su maschi gay in paesi ad alto reddito; tuttavia, i risultati migliori in termini di controllo delle IST potrebbero invece aversi nei paesi a basso/medio reddito, è stato detto alla Conferenza.
Il dott. Jason Ong della Monash University ha condotto per conto dell’OMS una revisione sistematica sull’incidenza e la prevalenza delle IST nei programmi PrEP, per un totale di 88 studi considerati.
La prevalenza delle IST risultava elevata già al momento della richiesta di PrEP, con un 24% di individui che presentavano già al baseline un’infezione da clamidia, gonorrea e/o sifilide allo stadio iniziale. E l’incidenza, durante il periodo di assunzione della PrEP, era altissima: nel caso della clamidia, la cui incidenza globale si attesta in media sul 3% circa, in chi faceva uso di PrEP arrivava al 21%.
La PrEP attrae persone con comportamenti che le espongono ad alto rischio di contrarre IST, per cui è cruciale che si offrano loro anche programmi di screening e trattamento. “I programmi PrEP possono dare lo spunto per potenziare i servizi per la salute sessuale, arrivando a un’offerta veramente completa,” ha commentato Ong.
Tuttavia, l’offerta di cure per le IST integrata nei programmi PrEP è estremamente disomogenea. In molti paesi i test diagnostici per le IST hanno costi proibitivi e molti servizi sono rivolti solo a persone che già mostrano sintomi, con il risultato che le IST sono fortemente sotto-trattate. Gli alti tassi di IST registrati tra le persone che assumono la PrEP dovrebbero invece spingere decisori politici, autorità e operatori sanitari e attivisti a impegnarsi per creare servizi migliori, hanno suggerito gli studiosi.
UNAIDS evidenzia i progressi compiuti contro l’HIV, ma lamenta tagli ai fondi
In alcuni paesi è già stato raggiunto o addirittura superato l’obiettivo 90-90-90 di UNAIDS – arrivare a diagnosticare il 90% delle infezioni da HIV, far entrare in terapia il 90% delle persone HIV-positive e raggiungere l'abbattimento della carica virale nel 90% dei pazienti trattati entro il 2020; in altri, però, i risultati stanno tardando ad arrivare.
A livello globale, le nuove infezioni da HIV e i decessi AIDS-correlati sono in declino sì costante, ma meno accentuato che in precedenza. Intanto, invece, continua ad aumentare il numero di persone in terapia e a questo riguardo sembrano esserci tutti i presupposti per raggiungere l’obiettivo fissato per il 2020. Secondo le stime globali di UNAIDS, nel 2018 nel mondo le persone con HIV erano 37,9 milioni: 23,3 milioni (il 62%) avevano accesso alle terapie antiretrovirali; 1,7 milioni erano nuovi contagi; e si sono registrati 770.000 decessi causati da una patologia AIDS-correlata.
Il rapporto sottolinea l’impatto avuto dai programmi promossi a livello di comunità nell’ampliare l’accesso ai trattamenti, supportare l’aderenza terapeutica e prevenire le nuove infezioni. Tuttavia, segnala anche che i progressi stanno rallentando e sono disomogenei; inoltre, per la prima volta si è registrata una diminuzione dei fondi destinati alla lotta contro l’HIV. Il sostegno da parte dei donatori internazionali è in calo, e se oltre la metà di tutti i fondi raccolti nei paesi a basso e medio reddito proveniva da fonti interne, non erano comunque sufficienti a colmare il disavanzo.
“Abbiamo urgente bisogno di una leadership politica più incisiva per mettere fine all’AIDS”, ha dichiarato il direttore esecutivo ad interim di UNAIDS Gunilla Carlsson. “Occorre cominciare da investimenti adeguati e intelligenti, e prendere esempio dai paesi più virtuosi. Fermare l’epidemia è possibile se ci concentriamo sulle persone, e non sulle malattie, se creiamo dei piani d’azione per quelle persone e quei luoghi che ancora vengono lasciati indietro, e se adottiamo un approccio rispettoso dei diritti umani per raggiungere coloro che sono più colpiti dall’HIV.”
Promettente vaccino HIV presto testato su maschi gay e persone transessuali
Susan Buchbinder durante il suo intervento a IAS 2019. Foto di Liz Highleyman.
Sarà presto avviato un nuovo trial di fase III per un vaccino contro l’HIV che sarà sperimentato in una popolazione di maschi che hanno rapporti sessuali con altri maschi e persone transgender. Lo studio, chiamato Mosaico, valuterà un regime composto da quattro somministrazioni di un vaccino progettato per proteggere dall’ampia varietà di ceppi HIV diffusi nel mondo.
“Ci prefiggiamo di assicurarci che i risultati di questo studio siano generalizzabili alle popolazioni più duramente colpite dall’infezione da HIV,” ha dichiarato la dott.ssa Susan Buchbinder, responsabile del protocollo di Mosaico. La dottoressa e altri studiosi che hanno collaborato allo sviluppo del vaccino e alla progettazione e gestione della sperimentazione hanno discusso lo studio Mosaico nel corso di una sessione precedente all’inizio dei lavori di IAS 2019.
Le premesse per arrivare a Mosaico sono state gettate da una serie di precedenti studi condotti su primati e umani, il primo dei quali iniziato 15 anni fa, che hanno consentito di perfezionare la composizione del vaccino e di individuare il regime di dosaggio più efficace.
Un simile regime vaccinale è già in corso di sperimentazione su 2600 donne a rischio di contrarre il virus in Africa meridionale, con la fase IIb del trial Imbokodo (HVTN 705).
Il vaccino che sarà testato nello studio Mosaico sfrutta un vettore adenovirus (un innocuo “parente” del comune virus del raffreddore) opportunamente modificato per ottenere una combinazione ‘a mosaico’ di immunogeni ottimizzati (antigeni che inducono una risposta immunitaria). Alla terza e quarta dose sarà abbinata la somministrazione di una combinazione di proteine gp140.
Lo studio Mosaico valuterà il vaccino in 3800 tra maschi cisgender che fanno sesso con maschi e persone transgender di età compresa tra i 18 e i 60 anni in 24 siti di studio in America settentrionale, America meridionale ed Europa. I partecipanti saranno randomizzati per ricevere il vaccino o un placebo. A tutti sarà offerto un pacchetto completo di servizi per la prevenzione dell’HIV. L’inizio della fase di reclutamento è previsto per settembre.
Nuovi strumenti molecolari per distruggere le cellule reservoir
Nella ricerca di una cura per l’HIV, uno dei problemi finora più insormontabili è la presenza di una piccola popolazione di cellule infettate dall’HIV a lunga latenza, le cosiddette ‘cellule reservoir’, che il sistema immunitario non riesce a riconoscere ed eliminare. Spesso si sente parlare dell’approccio kick and kill, in cui si cerca di far uscire allo scoperto le cellule reservoir in modo poi da distruggerle con i farmaci.
Nei giorni immediatamente precedenti a IAS 2019 si è tenuta l’edizione 2019 dell’HIV and Hepatitis B Cure Forum, durante il quale si è parlato di alcune promettenti molecole geneticamente modificate che sarebbero in grado di individuare e distruggere queste cellule anche senza bisogno di ricorrere a un agente chimico per stanarle.
Una di quelle che fanno più sperare si chiama IMMTAV. E’ usata nell’ambito di un trattamento altamente tecnologico già utilizzato nella ricerca contro il cancro, che consiste nel rimodellare i linfociti T prelevati dai partecipanti: le proteine presenti sulla superficie cellulare, che normalmente hanno il compito di identificare tutti i tipi di virus, vengono modificate in modo che la loro risposta diventi HIV-specifica e molto potente.
Si tratta di una tecnologia ancora da perfezionare prima che possa essere sperimentata sull’uomo, ma potrebbe rappresentare ad oggi la più grande speranza di giungere a una terapia in grado di individuare ed eliminare le cellule reservoir.
Analisi scientifica a cura di Clinical Care Options
Clinical Care Options, partner ufficiale di IAS 2019 per l’analisi scientifica, offrirà sintesi degli studi presentati alla Conferenza, presentazioni PowerPoint scaricabili e approfondimenti nella sezione ClinicalThought.