CROI 2024: San Francisco, IST in calo dopo l'introduzione della doxyPEP, martedì 5 marzo 2024

San Francisco, IST in calo dopo l'introduzione della doxyPEP

La prof.ssa Annie Luetkemeyer e il dott. Hyman Scott a CROI 2024. Foto di Liz Highleyman.
La prof.ssa Annie Luetkemeyer e il dott. Hyman Scott a CROI 2024. Foto di Liz Highleyman.

L'assunzione dell'antibiotico doxiciclina dopo i rapporti sessuali sembra aver ridotto l'incidenza delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST) in una serie di studi condotti a San Francisco.

I risultati sono stati presentati alla 31° Conferenza su Retrovirus e Infezioni Opportunistiche (CROI 2024) in corso questa settimana a Denver, Stati Uniti.

Lo studio DoxyPEP ha arruolato oltre 500 uomini omo- e bisessuali e donne transgender con infezione da HIV o in trattamento con la PrEP a San Francisco e Seattle. La fase randomizzata è stata interrotta anticipatamente per via dell'elevata efficacia dimostrata dalla doxyPEP contro clamidia e sifilide: tutti i partecipanti sono stati informati dei risultati e hanno avuto la possibilità di continuare ad assumere la doxyPEP in aperto.

La prof.ssa Annie Luetkemeyer della University of California San Francisco ha riferito che, durante la fase randomizzata, solo il 12% dei partecipanti nel braccio di intervento con la doxyPEP aveva contratto un'IST, contro il 31% di quelli del braccio di controllo con trattamento standard. Nell'estensione in aperto, quando tutti i partecipanti assumevano la doxyPEP, i tassi di IST nei due bracci si sono attestati rispettivamente al 13% e 17%. Nel braccio di controllo si è osservato dunque un drastico calo dell'incidenza, e questo malgrado il fatto che nel breve termine fosse raddoppiato il numero di partner sessuali e di rapporti non protetti riferiti dai partecipanti.

Nell'ottobre 2022, San Francisco è stata la prima città a raccomandare la doxyPEP, per uomini omo- e bisessuali e per persone transgender.

Il dott. Hyman Scott ha riferito sui primi risultati ottenuti al centro di salute sessuale Magnet della San Francisco AIDS Foundation, dove dalla fine di novembre 2022 è stata offerta la doxyPEP a circa 3.000 persone in trattamento con la PrEP. Tra coloro che hanno iniziato ad assumere la doxyPEP, l'incidenza complessiva delle IST è scesa dal 18% all'8%, pari a una riduzione del 58%. Il calo è stato più netto per clamidia (67%) e sifilide precoce (78%), mentre per la gonorrea è stato solo dell'11%, un dato non statisticamente significativo.

Il dott. Oliver Bacon e colleghi hanno invece presentato i primi dati ottenuti al City Clinic, il principale centro di salute sessuale di San Francisco. Gli studiosi hanno confrontato i dati relativi all'incidenza delle IST prima (da novembre 2021 a novembre 2022) e dopo (da novembre 2022 a novembre 2023) l'emanazione delle linee guida sulla doxyPEP. Hanno deciso di assumere la doxyPEP numerosi uomini omosessuali e donne transgender in trattamento con la PrEP, e in queste persone si è osservata "una significativa riduzione della positività a clamidia e sifilide precoce": i test positivi alla clamidia sono infatti diminuiti del 90% e quelli positivi alla sifilide precoce del 56%.

L'epidemiologa Madeline Sankaran e colleghi hanno invece misurato l'impatto della doxyPEP in modo diverso, osservando cioè l'andamento dell'incidenza delle IST a livello di popolazione. I ricercatori hanno monitorato il numero di persone che iniziavano ad assumere la doxyPEP in tre grandi centri per la salute sessuale – il Magnet, il City Clinic e il Ward 86 del San Francisco General Hospital – assieme ai casi mensili di clamidia, gonorrea e sifilide precoce rilevati prima (da luglio 2021 a ottobre 2022) e dopo (da novembre 2022 a novembre 2023) l'emanazione delle linee guida.

Oltre 3700 uomini che hanno rapporti sessuali con uomini e donne transgender in carico presso questi tre centri hanno iniziato ad assumere la doxyPEP entro la fine del 2023. I casi di clamidia in questa popolazione, nella città, sono diminuiti del 7% al mese, per un calo totale del 50% rispetto ai livelli previsti. Quelli di sifilide precoce sono scesi del 3% al mese, per un calo totale del 51%. I casi di gonorrea non hanno invece subito variazioni significative.

Considerati nel loro complesso, questi studi forniscono una significativa mole di prove scientifiche a sostegno della validità della doxyPEP come strumento per ridurre i nuovi casi di clamidia e sifilide – anche se contro la gonorrea è molto meno efficace, forse addirittura per nulla.

"A chi si occupa di salute pubblica non capita spesso di vedere un allineamento così armonico tra risultati ottenuti dalla sorveglianza a livello di popolazione, dai centri clinici e dalle sperimentazioni", ha commentato il prof. Landon Myer dell'Università di Città del Capo, presidente del CROI. "Questo, a mio modo di vedere, chiude il caso".


Il trattamento iniettabile per l'HIV si mostra efficace quanto quello standard in uno studio africano

Il prof. Nicholas Paton a CROI 2024. Foto di Krishen Samuel.
Il prof. Nicholas Paton a CROI 2024. Foto di Krishen Samuel.

In un ampio studio condotto in Africa, il trattamento iniettabile con cabotegravir e rilpivirina si è mostrato in grado di mantenere la soppressione virale con un'efficacia pari a quella del trattamento antiretrovirale standard assunto per via orale: è quanto riferito a CROI 2024 dal prof. Nicholas Paton della London School of Hygiene and Tropical Medicine.

Si tratta del primo studio sull'impiego di soluzioni terapeutiche iniettabili in persone con infezione da HIV in Africa. Il regime sperimentato – composto dall'inibitore dell'integrasi cabotegravir e dall'inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa (NNRTI) rilpivirina – è già approvato in Europa, Nord America e Australia. Il trattamento viene somministrato tramite iniezione intramuscolare una volta ogni due mesi.

Prima di inserire l'opzione del trattamento iniettabile nei programmi di trattamento dell'HIV, occorre dare tutta una serie di risposte in merito alla sua efficacia. Le persone con infezione da HIV in Africa hanno infatti maggiori probabilità di aver già assunto un NNRTI in passato o di avere una resistenza ai farmaci pre-trattamento, il che potrebbe compromettere l'efficacia della rilpivirina. È poi noto che almeno un sottotipo di HIV (l'A6) è meno suscettibile al regime iniettabile, e nelle popolazioni africane sono presenti diversi sottotipi di HIV, soprattutto l'A1. Eventuali differenze nella distribuzione del grasso corporeo, infine, possono influenzare l'assorbimento dei farmaci iniettati nel muscolo gluteo.

Lo studio CARES ha testato la somministrazione di cabotegravir e rilpivirina a lunga durata d'azione in Africa reclutando 512 adulti con HIV in soppressione virale da almeno quattro mesi con terapia antiretrovirale. Lo studio è stato disegnato per testare un programma che fosse pratico e realisticamente attuabile nelle strutture sanitarie pubbliche del continente: ad esempio, non sono previsti test di resistenza di routine. I partecipanti sono stati reclutati in Kenya (162), Sudafrica (106) e Uganda (244).

I pazienti sono stati randomizzati per ricevere un trattamento iniettabile con cabotegravir e rilpivirina ogni otto settimane oppure il trattamento standard ad assunzione orale offerto nei paesi partecipanti (tenofovir disoproxil, lamivudina e dolutegravir, efavirenz o nevirapina).

La popolazione dello studio era composta per il 57% da donne, con età mediana di 42 anni. Circa un partecipante su cinque (il 21%) aveva un indice di massa corporea pari o superiore a 30, il che rappresenta un potenziale rischio che il farmaco non venga assorbito in modo ottimale; il 74% dei partecipanti, infine, aveva già assunto un NNRTI in passato.

Dallo studio è emerso che il trattamento iniettabile con cabotegravir e rilpivirina si mantiene efficace nelle persone con sottotipo A1.

Alla 48° settimana si sono osservate percentuali quasi identiche di partecipanti con carica virale inferiore a 50 nei due bracci di studio: il 96,9% nel braccio di intervento con trattamento iniettabile, e il 97,3% nel braccio di controllo con terapia standard.

I risultati di CARES rappresentano un "primo, fondamentale passo per avviare la discussione sul trattamento iniettabile con cabotegravir e rilpivirina", ha dichiarato Paton, "ma c'è ancora molta strada da fare prima che questo si traduca in una raccomandazione di salute pubblica [da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità]".


L'analisi finale di uno studio francese sulle IST spegne la speranza intorno a un vaccino contro la gonorrea

Il prof. Jean-Michel Molina a CROI 2024. Foto di Liz Highleyman.
Il prof. Jean-Michel Molina a CROI 2024. Foto di Liz Highleyman.

Un anno fa, i risultati intermedi dello studio DoxyVAC avevano fatto sperare che la combinazione della doxyPEP con un candidato vaccino contro la gonorrea potesse ridurre in modo significativo i casi delle tre più importanti IST di natura batterica tra uomini omo- e bisessuali.

L'analisi finale dello studio, presentata a CROI 2024 dal prof. Jean-Michel Molina dell'Hôpital St Louis di Parigi, ha però evidenziato una minore efficacia contro la gonorrea sia nei partecipanti che assumevano la doxyPEP che in quelli che assumevano il vaccino, oltre che un aumento della resistenza alla doxiciclina nei partecipanti trattati con la doxyPEP che avevano contratto la gonorrea. Sembrerebbe dunque che l'utilità di questi farmaci preventivi contro la gonorrea sia limitata.

Conducendo l'analisi finale, gli studiosi hanno individuato delle discrepanze rispetto ai risultati intermedi, con alcune infezioni da gonorrea omesse. Inoltre, per l'analisi finale sono stati considerati 545 partecipanti (anziché 502) e fino a 21 mesi di follow-up, contro i 12 dell'analisi intermedia.

La popolazione dello studio era composta in gran parte da maschi omosessuali, di nazionalità principalmente francese, con età media di 40 anni. I partecipanti dovevano già essere in trattamento con la PrEP per l'HIV: in media, la assumevano da quasi tre anni. Nell'anno precedente all'arruolamento nello studio, i loro tassi di IST erano elevati: il 68% aveva avuto la gonorrea, il 49% la clamidia e il 21% la sifilide.

L'efficacia della doxyPEP contro la clamidia e la sifilide è rimasta pressoché invariata nell'analisi finale. L'incidenza annuale della clamidia è stata del 42% nei partecipanti che non assumevano la doxyPEP e del 6% in quelli che la assumevano, per un'efficacia dell'86%; l'analisi intermedia aveva invece evidenziato un'efficacia dell'89%. Anche per quanto riguarda la sifilide l'efficacia è stata la stessa, del 79%, sia nell'analisi intermedia che in quella finale. In altre parole, la doxyPEP ha prevenuto quattro su cinque infezioni da sifilide che si sarebbero altrimenti verificate, e quasi nove infezioni da clamidia su dieci.

Quanto alla gonorrea, invece, l'analisi intermedia aveva effettivamente rilevato un'incidenza annuale di gonorrea del 41% nei partecipanti che non assumevano la doxyPEP contro il 20,5% di quelli che l'assumevano, per un'efficacia pari al 51%. Sono però state le infezioni successive a fare la differenza. Nell'analisi finale, l'incidenza della gonorrea è risultata del 68% nel braccio senza la doxyPEP e del 45,5% in quello con la doxyPEP: l'efficacia è dunque scesa al 33%.

Anche l'efficacia del candidato vaccino contro la gonorrea nell'analisi finale è risultata notevolmente inferiore rispetto all'analisi intermedia, passando dal 33% al 22%.

Molina ha sottolineato che i ricercatori hanno scelto il verificarsi dell'infezione da gonorrea come outcome in base al quale giudicare l'efficacia del vaccino. Resta plausibile che il vaccino sia più efficace nel ridurre la gravità della malattia, e se l'outcome prescelto fosse invece stato la gravità dei sintomi, i risultati avrebbero potuto essere più positivi.

"Anche se non si può escludere che un modesto beneficio ci sia, la sua rilevanza clinica sembra molto limitata", ha aggiunto il professore. È necessario un vaccino più efficace, e sono già stati avviati studi su un altro candidato vaccino.


Occorre poter passare più agevolmente dalla PEP alla PrEP – e viceversa

La dott.ssa Mary Tanner a CROI 2024. Foto di Roger Pebody.
La dott.ssa Mary Tanner a CROI 2024. Foto di Roger Pebody.

Secondo esperti intervenuti a CROI 2024, i servizi che offrono la profilassi post-esposizione (PEP) e pre-esposizione (PrEP) devono dialogare di più, creando collegamenti più forti tra i due percorsi di prevenzione dell'infezione da HIV che aiutino coloro che scelgono un metodo ad accedere all'altro.

Anche se il numero di persone che richiedono la PEP resta complessivamente limitato, negli ultimi anni accade spesso che chi chiede farmaci post-esposizione prima aveva assunto la PrEP; per un motivo o per l'altro, però, non era riuscito a farlo con la dovuta costanza, e per questo si trova a ricorrere a una misura di emergenza. Al contempo, è probabile che molte persone a cui è stata prescritta la PEP abbiano nuovamente bisogno di protezione nelle settimane e nei mesi successivi.

La dott.ssa Mary Tanner dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha denunciato una mancanza di dialogo tra servizi PEP e PrEP negli Stati Uniti.

Durante il primo decennio successivo alla sua introduzione (dal 2013), l'adesione alla PrEP è cresciuta costantemente, da zero a circa 450.000 nel 2022. Nello stesso lasso di tempo, invece, l'impiego della PEP è rimasto praticamente invariato: ogni anno sono state effettuate tra le 14.000 e le 18.000 prescrizioni.

La dott.ssa Tanner ha detto ad aidsmap che la PEP e la PrEP fanno parte di un continuum unico, e che chi sceglie un metodo deve anche essere informato sull'altro.

Nel Regno Unito le linee guida raccomandano un'agevole transizione dalla PEP alla PrEP. Il dott. Gary Whitlock, del centro londinese 56 Dean Street, ha parlato del lavoro suo e dei suoi collaboratori per garantire il rispetto della raccomandazione. 56 Dean Street è un centro per la salute sessuale che eroga un quarto di tutte le prescrizioni di PEP e un terzo di tutte le prescrizioni di PrEP in Inghilterra.

Dal gennaio 2021, a tutti coloro che ricevono la PEP presso il centro viene offerta una fornitura di farmaci PrEP sufficienti per un mese, senza impegno ad accettare, da iniziare una volta completati i 28 giorni del ciclo di PEP.

Nei mesi di marzo e aprile 2022, 56 Dean Street ha prescritto la PEP a 282 uomini omo- e bisessuali e a 6 donne transgender. Poco meno della metà assumevano anche la PrEP o l'avevano assunta in passato. Tre quarti delle persone a cui è stata prescritta la PEP hanno accettato l'offerta della PrEP e oltre la metà è si è successivamente ripresentata al centro per farsi prescrivere altri farmaci per la profilassi pre-esposizione. Secondo Whitlock, l'offerta della PrEP apre a una discussione più ampia sulle opzioni disponibili per la prevenzione dell'HIV, consentendo per esempio di verificare se chi la assume o l'ha assunta in passato sappia farlo correttamente.